Quali sono i fattori predisponenti per una infezione alla protesi di ginocchio?

L’infezione periprotesica di ginocchio

 

Nel corso degli ultimi anni il numero di protesi del ginocchio sta aumentando sempre più, di pari passo con l’aumento della vita media dei pazienti e delle loro aspettative e richieste funzionali. Di conseguenza ci si può aspettare anche un aumento del numero delle complicanze, come la mobilizzazione e le infezioni. Un recente studio pubblicato su Lancet dai ricercatori dell’Università di Bristol ha analizzato in maniera retrospettiva tutte le protesi primarie di ginocchio eseguite in Inghilterra tra il 2003 ed il 2014, per un totale di 679.010 casi.

 

Quali sono i fattori di rischio per sviluppare una infezione periprotesica di ginocchio?

 

Da tale studio sono emersi dei dati molto interessanti: innanzitutto la percentuale di revisioni per infezione, che è stata dello 0.53% (per un totale di 3.659 casi). In secondo luogo sono state identificate tutte quelle condizioni per le quali ci sarebbe un aumentato rischio di sviluppare una infezione nel post-operatorio: in particolare il BMI elevato (sopra i 30), la giovane età (sotto i 60 anni), l’artrosi postraumatica o infiammatoria, il sesso maschile, il rischio anestesiologico elevato (sopra i 3) e la presenza di patologie associate (malattie polmonari croniche, diabete, insufficienza epatica, malattie reumatiche, vasculopatie periferiche). Tra le variabili chirurgiche vi è stata una correlazione positiva con l’anestesia generale, l’utilizzo di innesti ossei tibiali, l’utilizzo di impianti cementati e quello di impianti con legame di vincolo più complesso (come le protesi poster-stabilizzate e quelle a vincolo condilare). Gli impianti non cementati e le protesi monocompartimentali sono state associate ad un minor rischio infettivo.

Si è dimostrata irrilevante invece l’influenza delle altre tecniche anestesiologiche, la profilassi antitromboembolica ed il tipo di approccio chirurgico scelto.

 

Cosa fare quando si ha il sospetto di una infezione periprotesica?

 

Innanzitutto è sempre consigliabile rivolgersi all’ortopedico che ha eseguito il primo intervento. Lo specialista valuterà lo stato infiammatorio della pelle e della ferita chirurgica e se il sospetto è confermato prescriverà degli esami ematici con indici di flogosi (VES e PCR). A seguire sarà necessario eseguire una scintigrafia ossea con leucociti marcati od una PET per avere la certezza della diagnosi. Una volta posta la diagnosi sarà necessario impostare il corretto trattamento, che dipende soprattutto dal tempo intercorso tra la protesi e l’infezione: generalmente se l’intervallo è breve (inferiore a 30 giorni) si procede ad una pulizia chirurgica con sostituzione dell’inserto in polietilene e lavaggio accurato delle superfici protesiche, esame colturale intraoperatorio e terapia antibiotica mirata. Se invece il tempo intercorso è maggiore, le opzioni sono quelle di una terapia antibiotica mirata (previa artrocentesi ed identificazione del germe responsabile) o di un intervento di revisione della protesi.

 

 

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